MADDALENA BERGAMIN
Opera 1a classificata
All’eternità ho sempre preferito la vita
tuffarmi addosso ad un pallone
piuttosto che lanciarmi con la mente
nelle favole imposte dell’eterno
Ma ho temuto ingenuamente la morte
come si teme un abbandono.
Per quanto la vita sfumi
e non sempre si annerisca all’improvviso
non mi allontanerò da niente e da nessuno
Sarà soltanto una fine, quello che non è più
una nuova realtà di cenere o di ossa
Non temo la morte
ma per i tuoi denti bianchi e le tue risa
a volte desidero averti per sempre
LORETA MAROTTO
Opera 1a classificata Trofeo Donna Olympia
Donna contemporanea
Donna,
disinvolta tessitrice di destini
appesi ad un intreccio di spazi,
alterni capricciose movenze
di una bellezza accattivante
all’umile veste di
coraggiose mani sacrificali,
in perenne metamorfosi
tra culto d’arte e anima discinta.
Donna,
vagheggi come ninfea creatura
sulle acque di uno stagno
dove scampoli di sogno
s’imbevono dell’essenza dell’amore,
o sfuggi rapita da un giardino d’illusioni
intrappolata nei reticoli del peccato.
Donna,
membra controverse guidano
il viaggio dei tuoi sospiri,
affidati come esitazioni
al vento saggio o ipocrita maschile.
Vengano le rughe del deserto
a solcare la tua pelle
d’acerba freschezza adolescente
mentre sfilano dal tuo sguardo
le svelte fasi lunari degli umori.
Donna,
a volte violata, svuotata
dei tuoi intimi segreti, rimani sola
in una camera oscura ad espiare
il dolore di un corpo abbandonato
in un groviglio di intricati fili.
Sarai comunque figura bella
a spaziare sotto la volta
dove a contemplare la tua
infinita bellezza sarà il firmamento.
CATERINA MARSICO
Opera 2a classificata
Calma apparente
Un brusio di parole
rimbomba in testa
tra una calma apparente
di una vita sbagliata.
Di vitalità
erano fatti i miei giorni,
con l’amore
era battuta la mia strada
e furba s’insinuava la dolcezza
tra le cose gioiose della vita.
Godo di un passato felice
falso agli occhi della gente
e mi perdo in un presente lontano
indigesto persino alla morte.
E fuggo in delirio per vivere
nel mio mondo perverso e dannato
dove le dune alte e dorate
germogliano ad ogni respiro.
I fiori profumano di incenso
e le acque scricchiolano sui sassi,
le farfalle si uniscono in volo
e un tripudio esulta nel cielo.
E corro con il cuore sereno
sicura di trovare riparo
ma attenta a non inciampare
nella fossa viziosa del silenzio.
FRANCESCA CESARINI
Opera 3a classificata
Binario 5
Gli alberi posano
e sfilano per me
dal finestrino del treno
i loro rami
sono urli al cielo
L’acqua
dopo la pioggia
si è sdraiata sui campi
a fotografare le nuvole
Da bambina
il mio trono
era in cima alla collina
il mio cuore
sporco di terra
il mio compito
insegnare ad una pietra
come diventar grande
Adesso, su questo sedile
ammaestro i miei pensieri
sciami di palloncini d’acqua
che non devono cadere
C’è tutto un circo da trascinare
riposto e chiuso nella mia valigia
che non smette di girare
Ho la mappa di un labirinto
voglio arrivare al centro
c’è in premio
un diamante
pieno di vento.
SILVIA CAVORSO
Opera 4a classificata
Gli innamorati del Battery Park
Mi hai aspettato all’uscita ogni giorno per anni
E ogni volta ero più ricco e ogni volta non ti importava
Mi hai detto non regalarmi gioielli porto solo un anello di
vetro
Che può spezzarsi come il mio cuore in un giorno di sole
Pranzavamo su quelle panchine ed era il migliore dei ristoranti
La città era il nostro salone un mendicante suonava il violino
Mi hai detto cos’altro posso volere che non si trovi già nei
tuoi occhi
Ho bisogno di poco di un mattino d’aprile con la pioggia
sul viso
Credevo di essere assolto comunque da ogni peccato
E i miei desideri non erano mai più dei miei soldi
Mi hai detto prenditi tutto il tempo se vuoi cinque minuti
d’amore
Hai acqua da bere e un cielo sulla testa dovunque tu vada
Ti ho lasciata in un giorno qualunque di pioggia e rimpianti
E i grattacieli intorno riflettevano arcobaleni complicati
Mi hai detto berrò vino caldo e miele quando tutto sarà
finito
Tornerò a casa e il gelo dell’inverno mi porterà il tuo bacio
Le tue pupille come chiodi di garofano in un bicchiere d’anice
Occhi limpidi di neve sciolta che ancora mi guardano
Mi hai detto io ti resterò accanto sarò la luce di queste
vetrine
Sarò il rumore del traffico e la lattina vuota che calcerai
per strada
Avevi una cicatrice sul viso e i capelli viola
E un sorriso caldo capace di illuminare una stanza
Ti ho detto che non è serio vivere d’ombra e di stelle cadenti
Perché tutti sanno che per esistere bisogna avere
Mi chiedo adesso chissà in quale parte del mondo respiri
Mi chiedo se un giorno sarai ad aspettarmi ancora all’uscita
Ti direi che ora ho capito e sento il rumore del vento nel
grano
Sarebbe bello il tramonto di vetro al Battery Park.
EMILIA FRAGOMENI
Opera 5a classificata
Mi manca…
Mi manca la fragranza del sorriso,
il caldo del pane appena sfornato,
il vento che accarezza i miei capelli,
l’aratro che traccia solchi di luna,
sussurri d’erba tra passi leggeri.
Mi mancano le rughe della terra,
le siepi che riecheggiano di canti
spesso affidati a cieli di speranza,
tra rovi di ginestre ed innesti
che scandiscono il passare del tempo.
Mi manca la brezza lieve del mattino,
le perle di rugiada sulle piante,
le lucciole sui tetti ed i sentieri,
su cui si srotola la vita e le illusioni,
lo sciame delle stelle palpitanti.
Mi manca l’oro del grano sulla terra,
il rosso dei papaveri tra i prati,
il blu del cielo che riscalda il cuore,
i passi cadenzati nelle vigne,
i volti asciutti di sole nei campi.
Mi mancano le gemme a primavera,
il profumo di zagara nell’aria, il canto
degli uccelli tra gli ulivi, le api che ronzano
nell’aria, i mandorli e i peschi in fiore.
Mi mancano i profumi tutti quanti,
l’acqua fresca di piccoli ruscelli,
il respiro del mare che s’insinua nel cuore,
intriso di salsedine e di grumi di riflessi d’oro.
Mi manca tutto della terra mia.
Ma il suo sangue mi scorre nelle vene,
come lava che brucia ogni traguardo,
come onda dai risucchi furenti.
Mi manca… Ma perché l’ho lasciata?
Per sogni di speranza e libertà?
Per un futuro d’orgoglio e dignità?
O forse solo… per un soffio di dolore?!!!
CARMEN DE MOLA
Opera 6a classificata
Tornerai a colmarmi di maree
Tornerai a colmarmi
di maree
a disegnarmi sguardi
turchini
di luna sulla pelle,
a smemorarmi
dei confini di sale
degli amori falliti…
Nel mio burqa
d’antiche risacche sopito
s’indora l’onda che sale
ad adagiarmi
sul petto miti biondi di dei…
E sai affabularle le mie storie
d’antichi rigori
e ammansire il ruggito
di vecchie ferite.
E sono medusa
e ti fluttuo di luce negli occhi
che sanno stimare
la cifra piena dei miei fianchi
dove si placa addolcito
l’aggottare
dell’ultimo naufragio…
Domani saranno albe di meli
a danzarmi sul cuore
e a suggere nuova linfa
dalle tue labbra
tornate a fascinarmi
d’amore…
MANUELA PALCHETTI
Opera 7a classificata
Donna di parole
Se tu mi vuoi una venere di carta
come pagina scritta e ormai scontata
se tu mi vuoi un cuore da taschino
per battito aggiuntivo e programmato
Sappi che sono della spuma di mare
dei cinque sensi, di pupille ed ali
sono rombo di tamburi e fiume in piena
senso che fugge e sfugge al definito
Le tue parole mi sanno tagliare
ma non intagliano né possono plasmare
il verbo libero di donna che si libra
sopra i suoi sogni d’erba e incendi arancio
La mia parola gioca sulla carta
e racchiude e dischiude ma non chiude
per esplorare distese di deserti
per inseguire il suono dei silenzi
La vita non si delinea con l’inchiostro
è solo un frullo d’ali del presente
io sono donna dalle radici al cielo
e non mi avrai in un calco di parole.
NICOLETTA BERLIRI
Opera 8a classificata
I ricordi
I ricordi scorrono lievi
come post-it appesi sul frigo
percossi dal vento
che gelido entra dalla finestra.
I ricordi percorrono intrepidi
i sentieri della mia mente
scivolando lungo gli assoni
che conducono invano
alla pozza di fango umidiccia
sperduta nel ventre.
I ricordi strisciano subdoli
proiettando immagini vaghe
che mi legano ancora al passato
una foto
un biglietto
un bottone
mi riportano dentro il tuo amore.
GIULIA BORRONI CAGELLI
Opera 9a classificata
Deserto che mi somigli
Tu mi somigli
abbandonato sulle tonde dune
come agile corpo di donna
in cerca di riposo,
metafora reale
del mio deserto interiore.
I miei silenzi, le mie solitudini,
le mie vane ricerche,
la mia sete insoddisfatta,
le mie oasi di riposo
dove alita l’amicizia,
dove sboccia l’amore.
Fino alla prossima tempesta
di vento e di sabbia
accecante e selvaggia,
prova sfibrante
che piega e ferisce,
una sofferenza sopportata,
condivisa, esaltante
come un storia d’amore.
Ti cerco affascinata
violando la tua sabbia vergine
deserto che mi somigli.
DANILA OLIVIERI
Opera 10a classificata
Stavo come sabbia percossa
Il mio giorno era notte
illune e senza sogni,
senza nessun lume che nella tenebra
rifulgesse.
Brancolavo nel buio perenne
della mente
che svelava fantasmi in dismisura.
Stavo come sabbia percossa
dalla veemenza della mareggiata.
Di sofferenza si frammenta,
più non scorge
lo splendore del sole,
i sentieri della notte stellata.
A volte avrei voluto
che fosse venuta la morte
con le lame taglienti
d’ossidiana.
Ma un mattino il barbaglio dell’aurora
s’insinuò tra le gretole
delle persiane chiuse
e il suo taglio obliquo e deciso
mi colpì.
Era la luce, la mai spenta luce
del profondo disanimato,
l’essenza di vita a lungo celata.
Rilucente sopravanzai
la tenebra e nel giorno uscii.
Per vivere, non solo esistere.